
Appena arrivati a Ndola in Zambia, un paio d’anni fa, la prima cosa che mi ha colpito è stato vedere le sedie di plastica bianca, quelle che, specialmente in estate, qui si vedono ovunque, dai giardini, ai bar, ristoranti, spiagge, terrazzi. Sono pratiche perché di facile manutenzione, in quanto all’aspetto estetico però, direi che il mondo meriterebbe di meglio. In Zambia anche ne ho viste tantissime: all’aeroporto, tra le case, tra le baracche, in mezzo al niente, sotto delle bellissime capanne in paglia, e anche all’interno degli ambienti, nelle case poverissime e in quelle solo povere. Quelle brutte sedie venivano probabilmente dall’Europa, in qualcuna ho riconosciuto il marchio, o dall’Asia. Tutto quello che era bello invece era prodotto localmente: lungo le strade ho visto spesso degli ambulanti che vendevano bellissime sedie in legno e paglia, letti, scaffali, tavolini e altri vari oggetti in legno, come utensili o suppellettili, cesti intrecciati con fili di paglia o metallo colorato, stoffe di cotone coloratissimo, gioielli con pietre locali e ancora mille cose prodotte artigianalmente, con paziente cura e col tempo giusto. Avrei comprato sicuramente tanta roba se avessi potuto metterla in valigia (Stef ringrazia ancora chi ha messo un limite ai bagagli sull’aereo!). Tornati a casa, dopo un paio di settimane, ho guardato il nostro tavolo in teak sul terrazzo con un’attenzione diversa. L’abbiamo comprato su un sito on line di prodotti etnici. Viene dall’Africa, anche se non ricordo esattamente da quale paese. È proprio bello, lo dicono tutti quelli che lo vedono. E ho ripensato a tutta quella plastica bianca che vendiamo o regaliamo all’Africa come prodotto d’avanguardia probabilmente. Che imbroglioni che siamo!
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