C’era una volta, in un paese un po’ vicino e un po’ lontano, un cammello con due gobbe vuote. Gironzolava tutto solo tra le dune del deserto e si annoiava. Qualche volta disegnava linee sulla sabbia e giocava a tris. Ma vinceva sempre lui e si annoiava. Qualche volta lanciava un bastone lontano e poi andava a riprenderlo. Ma faceva tutto lui e si annoiava. Qualche volta cantava a squarciagola contro vento, ma nessuno poteva sentirlo, e si annoiava. Qualsiasi cosa decidesse di fare, alla fine si annoiava. Perché era troppo solo e si annoiava di annoiarsi. Forse anche il suo cuore era un po’ vuoto, come le sue gobbe. O era spento. Non voleva crederci, ma quando qualche pensiero a proposito lo sfiorava iniziava a sentire freddo, e allora cercava di non pensarci.
Un giorno finalmente passarono due cammelli. Tutti e due con le gobbe vuote come le sue. Altre quattro gobbe vuote. Più le gobbe del nostro cammello di prima fanno sei gobbe vuote. Non era certo un bello spettacolo da vedere. Anche a metterli insieme in un problema di aritmetica per imparare le moltiplicazioni, non se ne ricavava un granché.
Provarono a fare amicizia, ma si perdevano nei loro vuoti. Quando giocavano a tris litigavano per chi avesse il turno. A lanciare il bastone erano tutti d’accordo, ma poi nessuno voleva andare a riprenderlo. A cantare insieme, facevano scappare i serpenti. A guardare bene, sembrava che in tutto ci fossero tre cuori spenti in quei cammelli con le gobbe vuote, una vera tristezza.
Passarono alcuni giorni o forse mesi. Mesi lunghi e mesi corti. Mesi pieni e mesi vuoti. Una notte, alla luce di tre lanterne, si avvicinarono tre uomini. Camminavano con passo stanco ma deciso e non si accorsero dei tre cammelli con sei gobbe vuote che dormivano di un sonno senza sogni. E inciampando li svegliarono. Gli uomini erano vestiti con stoffe preziose e si presentarono dicendo di essere dei re. Re speciali, re magi, che studiavano il passato, affrontavano il presente e vedevano il futuro. Non erano arroganti però, anzi erano gentili e disponibili, sapienti e buoni. Erano di quel genere di uomini che non se ne trovava spesso a quei tempi in quel paese un po’ vicino e un po’ lontano.
I tre re avevano tre doni da portare ad un altro re. Raccontarono una storia molto strana. Stavano seguendo una stella che li avrebbe portati dal re dei re, un re che era il più ricco dell’universo ma non possedeva niente. Un re che avrebbe vinto tutto il mondo e la morte perdendo tutto. Era una storia davvero strana e poco credibile. I cammelli erano ancora annoiati. Anzi più di prima. Ma quando i re magi proposero loro di aiutarli a raggiungere quel re, le loro sei gobbe, con un impulso involontario, si drizzarono come le orecchie di tre conigli. Come un brivido di freddo quella pelle floscia aveva reagito ad una proposta semplice e imprevista. I cammelli pensarono che se anche quella storia fosse stata solo una barzelletta che non faceva ridere, magari viaggiando insieme ci avrebbero guadagnato qualcosa. I re buoni offrirono del cibo ai loro amici e dopo averli fatti riposare con un sonno di bei sogni, partirono in direzione della stella più luminosa.
Camminarono per giorni o forse mesi. Mesi corti e mesi lunghi. Mesi tutti pieni. Perché la noia dei cammelli era sparita, insieme al tempo. Raggiunsero la stella di pomeriggio tardi, per la notte era presto, e il cielo era appoggiato sul tetto di una stalla. E sotto la stella sulla stalla c’erano sei angeli: l’angelo della pace, l’angelo della misericordia, l’angelo della giustizia, l’angelo della consolazione, della mitezza e della povertà. Tutti indicavano la porta della stalla. I magi entrarono commossi offrendo i loro doni, e i cammelli rimasero a guardare dalla porta. C’era il calore del respiro di un bue e di un asino. In fondo, alla tenue luce di una candela, c’erano una donna bellissima, un uomo buono e un re bambino. Un re in una stalla, non si era mai visto. Neanche nel paese un po’ vicino e un po’ lontano. Un re in una famiglia di tre.
I magi porsero i doni al re piccolo piccolo e questo invece che ringraziarli come poteva, era pur sempre un neonato che può solo piangere o ridere, volse lo sguardo verso i cammelli che riempivano l’uscio con le loro teste, e un po’ anche con la loro puzza. Li guardò, fissandoli, e sorrise. In quel sorriso c’erano tutti i doni degli angeli: c’era la pace, c’era la misericordia, la giustizia, la consolazione, la mitezza e la povertà. Un re piccolo piccolo con un sorriso così potente accese tre cuori di cammello. Se questa non è magia! I cammelli infatti iniziarono a sentire qualcosa dentro, come una fiammella che scalda. I cuori si accesero così bene che fecero partire un coro di canti d’amore. Anche tre cammelli che cantano insieme canzoni d’amore era uno spettacolo straordinario e a dire il vero non tutti riuscivano ad apprezzare. Perché per quanto fossero ispirati avevano comunque una voce un po’ roca e un senso del ritmo un po’ camelide che non si addicevano tanto ad una scena con un re bambino, una stella luminosissima, gli angeli e il cielo appoggiato sul tetto della famiglia reale. Perciò i magi dovettero uscire presto per allontanare i tre cammelli con i loro cuori troppo ben accesi, e far largo alla fila di sudditi che erano venuti ad ammirare quel bambino.
C’erano pastori, ministri, avvocati, soldati, calzolai, infermieri, cuochi, economisti, insegnanti, artigiani e artisti…uomini e donne. I tre magi ripresero il cammino in groppa ai tre cammelli con le sei gobbe piene e i tre cuori accesi. Camminarono per giorni, forse mesi e forse anni. A volte si fermavano a giocare a tris sulla sabbia tutti insieme senza litigare, a lanciare il bastone e a riprenderlo, anche se quando erano i cammelli a lanciarlo e i magi a riprenderlo non c’era sempre buon umore. E in quanto a cantare, le voci erano sempre quelle, ma insieme ai magi si divertivano e cercavano di non farsi sentire almeno quando erano in quel paese un po’ vicino e un po’ lontano dove i cammelli li conoscevano tutti. Camminarono, camminarono mentre il re bambino cresceva e faceva cose meravigliose e vinceva il mondo e la morte perdendo tutto. È una storia strana questa e forse poco credibile. Ma è vera. E se si contano tre cammelli, sei gobbe, tre magi, tre doni, tre lanterne, una stella, sei angeli, un re bambino, una donna bellissima e un uomo buono, un bue, un asinello e tre cuori accesi, fanno in tutto 33. E con questo numero finisce una storia e ne inizia un’altra, ancora più incredibile.