L’uomo di peluche

Nell’anno della pandemia successe che per decreto legge tutti gli umani, in tutto il mondo, furono rinchiusi nelle loro case. Gli animali invece, erano liberi di girare dove volevano. Anche dove prima non avrebbero osato. A Londra le caprette brucavano la siepe di Buckingham Palace; a Roma le anatre sfilavano tra le vetrine di via Condotti; a Pescara gli orsi giocavano in spiaggia a fare i castelli di sabbia; a New York una giraffa parlava con la statua della libertà; a Hong Kong i panda andavano su e giù per gli ascensori dei grattacieli e a volte si fermavano sui tetti, se erano per esempio due panda innamorati, a guardare il tramonto; i coccodrilli erano arrivati a Parigi e si godevano il Louvre indisturbati; a Mosca le mosche ballavano al Bolshoi.

In una città, proprio in mezzo al mondo, un cucciolo di leone passeggiava tra le vie.

– Stai attento, non avvicinarti troppo alle gabbie. E neanche alle gabbie a vetri, non c’è da fidarsi, in quelle ci sono gli umani più pericolosi. – Gli aveva detto la mamma prima di lasciarlo andare a giocare.

Il leoncino camminava curioso, e osservava tutto. C’erano in effetti alcuni umani confinati oltre delle recinzioni ampie, a volte esemplari singoli, a volte due o tre insieme, che giocavano o leggevano o prendevano il sole, e non sembravano così pericolosi, ma meglio non fidarsi, se erano stati rinchiusi un motivo c’era. E poi in effetti c’erano quelli nelle gabbie di sicurezza, quelli che bisognava tenere a bada con mura forti e vetri spessi perché neanche le sbarre sarebbero state sufficienti.

E poi c’erano i pericolosissimi, quelli che erano nelle gabbie di sicurezza protette a loro volta dalle sbarre. Erano edifici non molto alti con uno spazio verde attorno e oltre il verde delle robuste recinzioni con ferro spinato e telecamere di sorveglianza. Di quegli umani non ci si poteva fidare neanche un po’, era meglio non provare neanche a guardarli.

Il leoncino ci stava provando proprio gusto a camminare per quelle vie che non conosceva, e ad ogni passo diventava più curioso, oltre ogni angolo le raccomandazioni della mamma si perdevano un po’ tra i labirinti della memoria.

Ad un certo punto fu attratto da delle grida di cucciolo umano. Le riconosceva bene, perché nella riserva in cui viveva normalmente, spesso la notte sentiva quei versi, e la mamma gli aveva insegnato subito a riconoscerli come un segnale di pericolo. Ad ogni passo li sentiva più forti, benché come soffocati o lontani. Arrivato davanti ad un cancello trovò un piccolo umano di peluche: un cucciolo umano con la testa ricoperta di lana marrone, gli occhi di bottoni neri ed un vestitino giallo. La bocca dipinta di rosso alba. L’afferrò delicatamente con i denti e sentì quelle grida umane ancora più forte. Venivano da molto vicino. Sollevò lo sguardo, ed era lì, un pericolosissimo esemplare di cucciolo di uomo, oltre la recinzione col filo spinato, oltre il prato, oltre la vetrata spessa, in piedi a fatica, con una ridicola mutanda imbottita e nient’altro addosso. Aveva una testa grande con la criniera nera, ed una bocca che spalancata pareva enorme e con ben quattro denti. Faceva davvero paura. Il leoncino pensava che non avrebbe mai voluto incontrarlo libero sulla sua stessa strada. Ma il desiderio di osservare e conoscere meglio il nemico prevalse sulla paura, e il leoncino restò lì ad osservare il piccolo umano. Aveva ancora il peluche in bocca quando vide il piccolo voltarsi a raccogliere qualcosa, e subito dopo tornare davanti alla vetrina con in mano un cucciolo di leone di peluche. Non piangeva più il nemico, mostrava al leoncino il suo pupazzo: lo sollevò e lo sbandierò ed il leone capì che gli stava offrendo uno scambio: leone di peluche per uomo di peluche.

Questa non mi sembra una cattiva proposta – pensò il leoncino, – o forse è una trappola. Ma in ogni caso come potremmo realizzare lo scambio?

Non riuscì neanche a provare a pensare ad una soluzione che si sentì chiamare.

– Eccoti finalmente! Ti avevo detto di non allontanarti! Ma guarda dove sei finito, davanti alla gabbia degli esemplari più pericolosi!

Il leoncino sentì il cucciolo d’uomo gridare di nuovo, ed ancora più forte. Poi vide arrivare accanto a lui un esemplare adulto e il cucciolo d’uomo con un dito gli indicava proprio lui, il leoncino davanti al cancello. O forse il peluche che aveva in bocca. Ma l’adulto non capì, come spesso succedeva tra le generazioni degli umani, e lo tirò indietro, lontano dalla finestra.

– Andiamo, tesoro, non ti devi affezionare a quegli esemplari. Sono molto pericolosi. E dicono che tra un po’ riapriranno le gabbie! – la mamma leonessa aveva tanta fretta.

Il leoncino lanciò il peluche oltre le sbarre e seguì la mamma. Sentì ancora un verso del cucciolo umano, un suono lontano e soffocato, e decise di conservarlo nella memoria come un suono amico.

4 pensieri riguardo “L’uomo di peluche

  1. Sono storie vere, animate. Ma non come i cartoni. Sono simili piuttosto ai racconti epici che studiavo a scuola. C’è dentro un eccipiente che non dimentichi.

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