Gli amici

Vincent Willem van Gogh - Cafe Terrace at Night (Yorck).jpg

Quando, dopo una bella serata da noi con gli amici chiudo la porta, tiro un sospiro di felicità.

Come se per un paio d’ore fossi stata dentro un’opera d’arte. Ogni volta è così.

Come se, una volta arrivati gli amici, tirassi fuori da sotto il letto una tela di Van Gogh, per esempio come se dispiegassi a mo’ di tappeto una “Terrazza del caffè la sera” e chiedessi a tutti di salirci su: -Prego, accomodatevi. Stringete pure i tavoli così ci stiamo tutti. Arrivo subito con qualcosa da bere.

E poi, come se la tela diventasse un posto vero.

E poi, come se, prima di prendere da bere, sistemassi bene il cielo perché le stelle formino la costellazione giusta e poi la strada in basso, per non inciampare.

E poi, come se arrivassi col vassoio con i bicchieri e rimanessi tutta la serata in piedi con un grembiule bianco a servire. Perché servire gli amici mi fa sentire una regina.

E poi, come se, parlando tutto il tempo dell’infinito e del niente, non capissi una parola e non me ne importasse. Perché le parole degli amici, entrano dal naso, come l’aria. E vanno ai polmoni e poi al sangue e poi al cuore. E lì restano forse anche senza essere comprese ma di certo fanno bene.

E poi, come se ogni istante fosse una nuova pennellata, mai sbagliata. L’istante dopo ce n’è un’altra che aggiunge qualcosa ma non cancella niente.

E poi, come se il mondo stesse lì ad ammirarci dentro l’opera e respirasse anche lui quell’aria benefica e ne fosse rinnovato.

E poi, come se, arrivato il momento del commiato, salutassi tutti con un abbraccio, e prima di chiudere il caffè, guardassi ancora quel cielo, quei tavoli, quei ciottoli di strada, e li benedissi.

Ed infine, come se, prima di riarrotolare la tela-tappeto per riporla sotto il letto, la scrollassi un po’. E invece che briciole, cadesse giù magica polvere di stelle.

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